Ieri, oggi e l’oltre

«Guardare indietro
è il modo migliore e più sicuro
per procedere in avanti».
Mark Rothko

Nelle sua lineare evoluzione, la pittura di Roberto Miniati ha raggiunto un’identità precisa e significativa, quantunque vi continuino a collimare – in verità in modo sempre più marginale – gli ultimi riverberi di quelle influenze che pure risultarono essenziali negli anni lontani dei suoi esordi.
Come isolatasi in un versante «altro» e alto dell’astrazione, che verrebbe fatto di ricondurre a una vagheggiata sfera di ordine sentimentale, l’opera dell’artista romano esibisce, oggi, ricercatezze tecniche e formali nitidamente peculiari, al solito apprezzabili in una architettura compositiva traslata alla maniera di un suggestivo labirinto interiore. Vi intervengono, a soglie naturalmente subliminali, i lasciti di un’osservazione insistita fra le avanguardie dell’arte del ventesimo secolo e, parimenti, i mutevoli orizzonti dell’esistenza, là dove si susseguono, come nuvole vagamente antropomorfe, alternanti condizioni spirituali.
Un errore, dunque, sarebbe circoscrivere il senso e i contenuti di questa mostra, dall’emblematico titolo «Affinità selettive», ai diversi rapporti percepibili fra il lavoro di Miniati e quelli di alcuni fra i suoi artisti preferiti, giacché alle fondamenta stesse dell’intero percorso espositivo echeggiano sonorità intime tipiche di universi abitati da umori e riflessioni di vario tipo. Affinità e diversità, dunque, da cogliere piuttosto oltre l’approccio, inizialmente superficiale, con i discordanti motivi espressivi, fallace – se appunto condotto in maniera sbrigativa – poiché potrebbe cagionare nello spettatore l’errato orientamento a trovare similitudini e analogie date, peraltro, fin dall’alba di questo progetto, alquanto scontate.
Ciò che ha infatti costituito la maggiore spinta nella realizzazione di questa rassegna è stata la ricerca, finanche l’individuazione, di un dialogo virtuale intrattenuto da Miniati ora con Albers e Hartung, ora con Afro, Burri e Riopelle, fra gli altri, una «sintonia» evidentemente non espressa attraverso la sterile replica di codici e stilemi fortunati, ma in una avvertibile aura densa di effervescenze mentali e sviluppi pittorici possibili, nel tempo divenuta la cifra distintiva e più eloquente dell’attività, pregiata, di Miniati: un artefice attento e raffinato, incline a incamminarsi verso mete inesplorate, sempre desideroso di conoscere ciò che è stato per evitare di ripetere – quanti molti fanno – banalmente.
La sua presenza alla Biennale di Venezia di quest’anno, resa ancora più indicativa dal fatto di essere contestualizzata in un prestigioso padiglione straniero – a ulteriore attestazione di una dimensione internazionale della sua pittura non più discutibile – corrobora la convinzione di chi ha sempre ritenuto l’opera di Miniati meritevole di questi e altri riconoscimenti.
In tale nuova dimensione critica dell’artista è dunque da intendere l’attuale esposizione allestita nella Sala del Basolato del Palazzo Comunale di Fiesole, della quale questo catalogo è prezioso documento. Un’ulteriore opportunità per chi ami approfondire – mai sazio di scoperte e con curiosi percorsi interpretativi – quel secolo mirabile per accadimenti e temperie culturali che resta il Novecento.

Venezia, maggio 2015.
Giovanni Faccenda